Provvidenze economiche
L’indennità di accompagnamento è stata istituita dalla Legge 11 febbraio 1980, n. 18.
Dal punto di vista giuridico l’indennità potrebbe anche definirsi come rimborso forfettario rivolto a sostenere il nucleo familiare nelle attività di assistenza ai soggetti non autosufficienti in esso presenti.
Proprio in ragione della sua natura, viene concessa a prescindere dalle condizioni patrimoniali del richiedente ed è riconosciuta pertanto al solo titolo della minorazione in presenza di determinati requisiti inerenti alle condizioni psicofisiche dell’individuo.
Dal combinato disposto dell’art 1 Legge 18 / 1980 ed art 1 Legge 508 / 1988 si evince che l’indennità è concessa ai cittadini ciechi assoluti ed ai cittadini totalmente inabili per affezioni fisiche o psichiche che si trovino nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore , oppure non siano in grado di compiere gli atti della vita quotidiana senza un’assistenza continua.
Presupposto fondamentale è quindi la riduzione della capacità lavorativa in misura non inferiore al 100% cui si aggiunge alternativamente o l’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, o la necessità di un’assistenza continua per il compimento degli atti della vita quotidiana.
La richiesta può essere effettuata anche dalle persone sottoposte a chemioterapia , da quelle soggette al morbo di Alzheimer , Sindrome di Down, epilessia.
L’indennità di accompagnamento può essere concessa anche agli individui minori di anni 18 incapaci di deambulare senza l’aiuto di una persona o bisognosi di assistenza continua. I soggetti minorenni non possono cumulare l’indennità di accompagnamento con l’indennità di frequenza, salvo il diritto di opzione tra l’una o l’altra provvidenza. L’indennità di accompagnamento può essere richiesta anche per bambini in tenera età. Ovviamente per i soggetti minori , ai fini della concessione dell’indennità, si prescinde dal requisito dell’inabilità lavorativa non essendo valutabile dal punto di vista medico legale la capacità di lavoro prima del diciottesimo anno. Il requisito della totale inabilità lavorativa dovrà essere valutato dopo il raggiungimento della maggiore età, infatti, il soggetto minorenne che abbia conseguito il diritto all’indennità, al compimento del 18° anno di età verrà sottoposto a visita di revisione.
Oltre che ai minori l’indennità può essere riconosciuta anche agli anziani ultrasessantacinquenni. Come il minore, anche l’anziano non viene sottoposto alla valutazione circa l’abilità lavorativa. Legittima il riconoscimento del diritto all’indennità la comprovata e persistente difficoltà del soggetto anziano di svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età. La legge 144 / 1999 ha introdotto una novità di rilievo nei casi di indennità di accompagnamento richiesta da soggetti anziani affetti dal morbo di Alzheimer: l’interessato o i suoi familiari, ovvero il medico di famiglia, possono richiedere che la commissione medica della A. USL sia integrata da un medico specialista in geriatria.
L’indennità non è incompatibile con lo svolgimento di attività lavorativa, infatti in relazione ad essa rilevano soltanto i requisiti sanitari. E’ pertanto possibile che soggetti non in grado di deambulare, ma con facoltà intellettive tali da svolgere un lavoro di concetto, possano chiedere l’erogazione della provvidenza. Nelle ipotesi in cui il richiedente sia ricoverato gratuitamente presso un istituto l’indennità non è riconosciuta. Per ricovero gratuito si intende quello con retta a totale carico degli enti pubblici. Non rileva in quest’ultimo caso l’eventuale contribuzione effettuata dal ricoverato al fine di ottenere un trattamento migliore rispetto a quello di livello essenziale.
L’indennità di accompagnamento è incompatibile con altri tipi di indennità concesse sulla base di presupposti analoghi, in particolare non è cumulabile con:
• indennità di assistenza e di accompagnamento concessa ai titolari di pensione di guerra di prima categoria;
• indennità concesse per causa di lavoro o di servizio;
• indennità di frequenza.
Nelle ipotesi di incompatibilità i beneficiari conservano comunque il diritto di opzione e possono quindi scegliere la provvidenza economica più favorevole. Nei casi in cui il soggetto sia pluriminorato l’indennità può essere cumulata con altre provvidenze eventualmente spettanti (Legge 429 / 1991).
Approfondimenti giuridici
Una lettura troppo affrettata ed eccessivamente rigida del tenore letterale degli artt. 1 Legge 18/1980 e Legge 508 / 1988 potrebbe condurre a restringere il campo delle condizioni psicofisiche costituenti titolo per il riconoscimento dell’indennità, è allora necessario effettuare un breve richiamo della giurisprudenza di legittimità più recente, al fine di definire meglio l’ambito di applicazione di questa provvidenza economica.
In particolare la “ capacità di compiere autonomamente gli atti della vita quotidiana ”, la cui sussistenza esclude il diritto all’indennità, non può coincidere con un comportamento esclusivamente materiale del soggetto ed essenzialmente eterodeterminato. Infatti, chi ad esempio sia in grado di vestirsi, lavarsi, nutrirsi ecc. solo se preventivamente sollecitato ed indirizzato da altri, non può ritenersi autosufficiente, dato che questa qualità personale richiede necessariamente un certo livello di auotodeterminazione.
L’autonomia nello svolgimento degli atti della vita quotidiana non coincide pertanto con la possibilità che l’individuo abbia di compiere materialmente tali atti, ma si estende necessariamente alla capacità di averne cognizione e di comprenderne il significato in funzione della salvaguardia della propria condizione psico-fisica (Cass., 21 gennaio 2005, n° 1268 ).
Merita di essere chiarita anche la nozione di “ continuità dell’assistenza ” che secondo la giurisprudenza di legittimità non corrisponde ad un sostegno distribuito lungo l’intero arco della giornata ma può riguardare anche singoli atti e singoli bisogni dell’individuo. Quello che conta è allora la frequenza quotidiana del bisogno, che di per sé potrebbe anche localizzarsi in una sola parte della giornata o addirittura in un singolo atto di rilevante importanza per la vita dell’assistito.
Il bisogno di assistenza deve reputarsi permanente e continuo se la necessità dell’aiuto di terzi si manifesti periodicamente anche a distanza di tempo nel corso della giornata, e quindi momenti di assistenza attiva si alternino a momenti di attesa, qualificabili come “assistenza passiva” (Cass. 11 aprile 2003, n. 5784).
Già con la sentenza 1705 / 99 la Cassazione aveva riconosciuto il diritto all’indennità anche alle persone sottoposte a trattamento chemioterapico in regime di day hospital, e sia in tale sede che successivamente la Corte ha riconosciuto il diritto all’accompagnamento anche in relazione a transitorie perdite di autonomia, in quanto, “ nessuna norma vieta il riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento anche per periodi molto brevi ” (Cass. 27 maggio 2004, n°10212).
D’altro canto neanche la previsione della morte eziologicamente riconnessa allo stato patologico del paziente potrebbe escludere il diritto all’indennità, almeno fino a quando l’evento letale rimanga incerto nel quando “ non apparendo razionale e rispondente alle finalità della legge negare la necessità di un’assistenza continua per il fatto che, entro un periodo di tempo imprecisato, sopraggiungerà la morte a causa delle patologie invalidanti ”. In questi casi sarebbe legittimo negare l’indennità solo di fronte ad un giudizio prognostico di rapida sopravvenienza della morte, di talché, la continua assistenza risulterebbe finalizzata non già a consentire il compimento degli atti quotidiani ma a fronteggiare un’emergenza terapeutica (Cass. Civ., sez. lav., 10 maggio 2003, n. 7179).
Anche il concetto di permanenza della malattia non deve essere confuso con quello di definitività ed immutabilità dello stato invalidante e non può essere escluso per la possibilità di effettuare un opportuno trattamento chirurgico. Il giudice del merito, infatti, nel valutare i presupposti per il riconoscimento dell’indennità non deve considerare la potenziale emendabilità della condizione patologica, in forza di un intervento chirurgico soltanto eventuale e “ solo in caso di volontaria sottoposizione ad intervento dovrà tener conto degli eventuali esiti positivi, accertando se il recupero totale o parziale dello stato di salute dell’assistito sia tale da escludere il diritto al beneficio spettante in base alla situazione pregressa” (Cass. Sez. lav., 19 novembre 2002, n. 16310).
Per concludere, in ambito minorile, la Cassazione ha ribadito la possibilità di riconoscere il diritto all’indennità anche ai bambini in tenera età, previo accertamento dell’esigenza di dare luogo ad un apporto assistenziale diversificato, più intenso, per tempi e modi, di quello necessario per un bambino sano della stessa età, infatti, tutti i fanciulli hanno bisogno di assistenza continuativa, ma determinate condizioni patologiche di alcuni potrebbero richiedere attenzioni ulteriori e diversificate, legittimanti, pertanto, il riconoscimento dell’indennità (Cass. 20 febbraio 2003, n° 2523).