Tutela giudiziaria
Amministratore di Sostegno: alcuni aggiornamenti in merito a significative pronunce della giurisprudenza.
Sembra che la ratio della Legge 9 gennaio 2004, n. 6, sia stata recepita da coloro che operano nell’ambito della giustizia.
Alla luce delle pronunce più recenti possiamo ritenere confermate le caratteristiche dell’istituto delineate dal legislatore.
Non solo, quello che in gergo viene chiamato “diritto vivente”, ha consentito di chiarire alcuni punti oscuri presenti nelle disposizioni di legge risolvendo diversi dubbi interpretativi.
Entriamo nel merito di alcune delle più recenti pronunce.
Il Tribunale di Bologna, nella sentenza del 03.10.2006, n° 2288, ha enunciato a chiare lettere come la scelta tra interdizione o amministrazione di sostegno non debba basarsi sulla gravità o natura dell’infermità.
Nel caso in esame il Tribunale ha respinto l’istanza d’interdizione promossa dai genitori di persona in stato vegetativo permanente adottando un’argomentazione essenzialmente logica. Si legge infatti nelle motivazioni che le gravissime condizioni cliniche, comportanti l’annullamento delle relazioni sociali, unitamente alla degenza presso una struttura protetta, costituiscono di per sé una prima protezione dal compimento di atti svantaggiosi. Senza basarsi esclusivamente e riduttivamente sulla gravità delle condizioni personali, ma in considerazione di tutte le circostanze e specificità della singola fattispecie, il Tribunale, dunque, ha optato per la nomina dell’ amministratore di sostegno, con notevole risparmio di tempo per l’attivazione degli strumenti di tutela.
Tale pronuncia, peraltro, è conforme ad un recente orientamento della Corte di Cassazione (n° 13584 del 12.06.2006) che nel definire i criteri in base ai quali utilizzare l’interdizione o l’amministrazione di sostegno prescinde dall’intensità dell’infermità facendo esclusivamente riferimento al grado di adattabilità dello strumento di tutela alle condizioni della persona.
Secondo il citato orientamento anche nell’ipotesi di grave non autosufficienza o di grave infermità non risulta automatico il ricorso all’interdizione, infatti, con l’amministrazione di sostegno “…il legislatore ha inteso configurare uno strumento elastico, modellato a misura delle esigenze del caso concreto, che si distingue dall’interdizione non sotto il profilo quantitativo, ma sotto quello funzionale: ciò induce a non escludere che, in linea generale, in presenza di patologie particolarmente gravi, possa farsi ricorso sia all’uno che all’altro strumento di tutela, e che soltanto la specificità delle singole fattispecie, e delle esigenze da soddisfare di volta in volta, possano determinare la scelta tra i diversi istituti, con l’avvertenza che quello della interdizione ha comunque carattere residuale, intendendo il legislatore riservarlo, in considerazione della gravità degli effetti cha da esso derivano, a quelle ipotesi in cui nessuna efficacia protettiva sortirebbe una diversa misura…”
La conferma che l’istituto dell’amministrazione di sostegno ha aperto il campo non solo alla tutela degli infermi di mente ma di chiunque si trovi in situazione di difficoltà nell’esercizio dei suoi diritti è data anche dalla pronuncia del Tribunale di Modena dell’ 8 febbraio 2006.
Nel caso ora richiamato è stata disposta la nomina dell’amministratore di sostegno in favore di persona tossicodipendente. Il Giudice Tutelare ha ritenuto opportuna l’applicazione della legge 6/2004 al fine di dare sostegno ad “…una persona che probabili debolezze caratteriali, presumibili errori nelle scelte di vita …hanno trascinato su un piano il cui abbandono è reso arduo dalla tossicodipendenza…”.
Nei casi di tossicodipendenza, pertanto, l’amministrazione di sostegno potrebbe divenire un ulteriore strumento da coordinare con gli altri istituti di protezione e supporto dei nuclei familiari problematici (come ad esempio l’affido familiare).
Relativamente all’annosa questione della necessità o meno del patrocinio di un avvocato nella procedura di nomina si registra una parziale discrepanza tra giurisprudenza di merito e di legittimità. E’ stata più volte richiamata nelle letteratura giuridica l’Ordinanza della Corte d’Appello di Venezia del 16 gennaio 2006 con cui si è ribadita la natura non contenziosa della procedura di nomina dell’amministratore di sostegno e quindi la non indispensabilità dell’intervento di un avvocato.
La Corte ha considerato come la nuova disciplina abbia prodotto una vera e propria rottura con il sistema precedente, insistendo sul fatto che la legge 6/2004 sia stata pensata anche per creare un procedimento strutturalmente semplificato ed improntato a principi di massima rapidità, semplificazione, non onerosità, sburocratizzazione, elasticità.
A giudizio della Corte di merito “…la finalità preminente del nuovo istituto di assicurare un sistema facilmente accessibile, di adeguata gestione degli interessi del soggetto debole, che si devono soddisfare con celerità, è di per sé sufficiente ad escludere la necessità di dover ricorrere alla figura del procuratore…”
Generalmente l’impossibilità per le parti di stare in giudizio personalmente non si evince semplicemente dal fatto che il testo normativo niente disponga in merito, i casi di assenza dell’onere della difesa tecnica, infatti, si possono desumere anche per via interpretativa dal sistema. Ed in relazione all’amministrazione di sostegno sarebbe proprio l’interpretazione sistematica ad escludere la necessità della difesa tecnica.
Inoltre, la possibilità di presentare il ricorso al Giudice Tutelare senza l’assistenza di un avvocato si può desumere anche dall’interpretazione letterale dell’art 411 c.c. Nella disposizione citata, invero, è stata utilizzata l’espressione “direttamente” che può solo indicare la possibilità di presentare “personalmente” il ricorso contemplato dall’art 411 c.c. Non si vede, a maggior ragione, come la possibilità di adire direttamente (e quindi personalmente) il giudice dovrebbe escludersi in relazione al ricorso ordinario ex art 406 c.c.
Né si può dedurre che il carattere contenzioso del procedimento si debba evincere dalla necessità dell’intervento del Pubblico Ministero che, in quanto promotore di giustizia, rappresenta semmai un ulteriore elemento di garanzia. In sintesi, conclude la Corte, nell’amministrazione di sostegno il Giudice Tutelare “…non interviene mai con l’obiettivo di accertare la mancanza di capacità d’agire del beneficiario, bensì solo per gestirne e proteggerne gli interessi…”, come avviene nei casi di trattamento sanitario obbligatorio ex art. 35 legge 833/1978 e di interruzione volontaria della gravidanza ex art. 12 legge 194/1978, procedimenti che non richiedono necessariamente l’assistenza del difensore.
Le conclusioni della Corte D’Appello ora descritte non sono state integralmente confermate dalla Corte di Cassazione. Sebbene l’orientamento dominante della giurisprudenza di merito abbia escluso la necessità della difesa tecnica, data la natura non contenziosa della procedura, ascrivibile all’area della volontaria giurisdizione, la Sezione Prima Civile della Suprema Corte con sentenza n. 25366 del 29 novembre 2006 ha pronunciato un principio giuridico parzialmente dissonante.
Si afferma infatti che nell’ipotesi in cui il decreto di nomina comporti la limitazione dei diritti inviolabili della persona non si possa prescindere dal patrocinio di un avvocato; in tutte le altre ipotesi, invece, il ricorso potrà essere presentato anche personalmente.
La Corte dunque opera una distinzione basata sull’ effettiva incisività che verrà ad assumere il provvedimento richiesto, desumibile dalle caratteristiche del caso concreto.
Pertanto, nell’ipotesi in cui i poteri da riconoscere all’amministratore di sostegno fossero tali da incidere sui diritti personalissimi, limitandoli, risulterebbe imprescindibile la garanzia della difesa tecnica come elemento essenziale del giusto processo.
Con la nomina dell’amministratore di sostegno“…Il giudice tutelare può emettere provvedimenti incidenti nella sfera giuridica dell’interessato con effetti analoghi a quelli incapacitanti dell’interdizione ed inabilitazione, pertanto una lettura costituzionalmente orientata della normativa di riferimento esige che il destinatario della misura ablativa di diritti disponga delle medesime garanzie che assistono le procedure di interdizione o inabilitazione, con particolare riferimento al rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio, non potendo ragionevolmente riconoscersi garanzie differenziate in relazione a provvedimenti che spieghino pari effetti sostanziali…”
La legge 6/2004 ha superato anche il vaglio della Corte Costituzionale che si è pronunciata con sentenza del 9 dicembre 2005, n° 440, su questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Venezia.
Ad avviso del Tribunale rimettente la legge 6/2004 avrebbe provocato la coincidenza giuridica tra interdizione, inabilitazione ed amministrazione di sostegno, cioè si sarebbe verificata la sovrapposizione dei tre istituti sotto il profilo dell’applicazione pratica stante la mancanza di chiari confini tra le diverse fattispecie con eccessiva discrezionalità dell’organo giurisdizionale nel delicatissimo ambito della sfera di libertà ed autodeterminazione dei singoli.
La Consulta ha rigettato la questione proposta negando la sovrapposizione tra gli istituti e confermando il carattere residuale di interdizione ed inabilitazione.
Ci sembra opportuno citare anche il Decreto del Giudice Tutelare presso il Tribunale di Roma del 22 aprile 2005 che mette in evidenza gli effetti dell’amministrazione di sostegno sul diritto successorio.
In particolare con il citato provvedimento è stata estesa la protezione dell’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, già prevista per le persone incapaci, anche nell’ipotesi di amministrazione di sostegno.
Come si può notare viene confermata dalla prassi giuridica l’elasticità dell’istituto, quindi la sua idoneità a fronteggiare efficacemente le situazioni più disparate di non autosufficienza della persona.
Quello che possiamo evincere dalla disciplina e, con conforto, dalla sua applicazione pratica, è senz’altro la possibilità che viene riconosciuta alla famiglia, ai servizi, agli enti di tutela portatori di interessi diffusi ed alla magistratura, di definire e realizzare efficaci misure di protezione non solo nei casi di soggetti infermi di mente, invalidi o portatori di handicap, ma in tutte quelle circostanze caratterizzate dalla perdita più o meno grave dell’autonomia personale.
Dr. Michele Costa
Informarecomunicando – Centro d’informazione per la disabilità.
U.I.L.D.M. Sez. Pisa.