Tutela giudiziaria
Dopo il Decreto Legislativo contro le discriminazioni negli ambienti di lavoro (216/2003) il legislatore è tornato a concentrarsi sul problema della discriminazione della persona disabile.
Con l’approvazione del disegno di legge “Misure per la tutela giudiziaria dei disabili vittime delle discriminazioni” l’ordinamento si propone di predisporre una risposta unitaria ed efficace alla discriminazione della persona disabile valida per tutti gli ambiti di vita.
Strumenti di tutela possono essere rintracciati in diversi settori del diritto, ciò a dimostrazione dell’attenzione prestata dalla legge a questa materia.
Tuttavia, sino ad oggi, al di là dei rimedi afferenti alla disciplina dell’illecito civile ex art 2043 C.C., non era stata ancora emanata una legge generale che istituisse anche strumenti giudiziari semplici, rapidi ed efficaci.
La nuova disciplina si cala in questa logica e risponde alla necessità di superare la parcellizzazione e frammentazione degli interventi legislativi “di settore” al fine di consentire una protezione globale della persona disabile estesa a tutte le formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità.
Da qui l’espressa previsione dell’art 1 a definizione delle finalità e dell’ambito di applicazione della legge che “… promuove la piena attuazione del principio di parità di trattamento e della pari opportunità nei confronti dei disabili, al fine di garantire agli stessi il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali”.
Il legislatore ripropone una definizione del concetto di discriminazione, che specifica anche in relazione alla forma indiretta, quasi a voler escludere, dal punto di vista ontologico, ogni dubbio circa la sua sostanza e le sue possibili manifestazioni.
In sintesi si verifica una discriminazione diretta quando “… per motivi connessi alla disabilità una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga.” . Si può parlare invece di discriminazione indiretta nell’ipotesi in cui “ … una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettano una persona disabile in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone.
Devono altresì considerarsi come discriminazioni “… quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di un disabile, ovvero creano un clima di intimidazione nei suoi confronti…”.
In relazione agli istituti processuali la legge prevede accanto allo strumento del processo ordinario di cognizione la possibilità di ricorrere ad una procedura più snella e più veloce.
Si tratta dell’azione civile disciplinata dall’art 44 del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 – Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
Viene esteso ulteriormente l’ambito di applicazione di questa procedura concepita al fine di assicurare una tutela efficace contro le discriminazioni perpetrate a danno dei soggetti stranieri.
La procedura giurisdizionale di cui trattasi è stata ammessa anche in ambito giuslavoristico per far fronte alle discriminazioni sui luoghi di lavoro secondo la disciplina dettata dal D.Lgs. 216/2003.
Se prima dell’approvazione della legge in commento però la persona disabile poteva ricorrere a questo tipo di procedura solo se la discriminazione subita si fosse verificata in ambito lavorativo, adesso, viene offerto uno strumento di tutela esteso a tutte le formazioni sociali .
La domanda ex art. 44 del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, si propone con ricorso , che può essere depositato anche personalmente dalla parte.
E’ competente il Tribunale in composizione monocratica del luogo di domicilio dell’istante.
Le formalità procedimentali sono state ridotte all’essenziale per velocizzare i tempi della risposta giudiziaria.
E’ previsto infatti che il tribunale, sentite le parti ed omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, proceda nel modo ritenuto più opportuno agli atti di istruzione.
Per i casi di urgenza è possibile ottenere provvedimenti provvisori , è previsto infatti che il giudice adito, assunte se necessario sommarie informazioni, si pronunci con decreto motivato per far fronte alla situazione di emergenza.
In tal caso con lo stesso decreto viene fissata l’udienza di comparizione delle parti a cui il ricorso ed il decreto devono essere notificati a cura del ricorrente nel termine indicato dal giudice, che comunque non può essere superiore ad otto giorni.
All’udienza indicata i provvedimenti contenuti nel decreto possono essere confermati, modificati o revocati.
In materia probatoria al fine di agevolare la persona disabile nella dimostrazione dei fatti in cui si è sostanziata la discriminazione è ammesso il ricorso alla prova presuntiva .
La possibilità di ricorrere alla prova presuntiva appare di fondamentale importanza, anche perché molto spesso determinati fatti, determinati comportamenti, in sé per sé considerati potrebbero anche risultare neutri e non avere un contenuto discriminatorio di immediata identificazione. Dacchè risulterebbe difficile fornire la prova della situazione discriminante.
Allora diventa opportuna una lettura coordinata di determinati comportamenti che nella loro colleganza possano dissimulare l’effettivo denominatore comune, l’effettivo elemento legante, che nel nostro caso è la discriminazione.
Pertanto anche ove non sia possibile dedurre un fatto noto in termini di palese circostanza discriminatoria, l’avvenuta discriminazione potrà essere presunta e quindi provata in presenza di fatti gravi, precisi e concordanti .
Si deve anche considerare che molto spesso la discriminazione è il risultato di una vera e propria “manovra discriminatoria”, perpetrata attraverso comportamenti di fatto in relazione ai quali solo una visione d’insieme può svelare lo scopo ad essi sotteso
Il tribunale in composizione monocratica provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto della domanda.
Di rilievo anche l’estensione dell’ambito dei legittimati all’azione .
Oltre al diretto interessato , contro le discriminazioni possono ricorrere al giudice anche enti ed associazioni preventivamente delegati dal disabile stesso mediante procura rilasciata per atto pubblico o scrittura privata autentica.
E’ questa un prova tangibile di come il legislatore riconosca l’importanza del ruolo degli enti non lucrativi di promozione sociale nell’ambito della tutela e sostegno della persona disabile.
Tutti possiamo convenire che molto spesso l’associazione, la ONLUS, l’Ente Morale costituiscono un insostituibile ambito di confronto, informazione ed espressione per il portatore di handicap .
Il conferimento della legittimazione attiva a queste realtà é senza dubbio un momento di ulteriore tutela della persona disabile, che non si trova più da sola nel momento in cui deve far valere i propri diritti.
Gli effetti che si possono ottenere dal provvedimento giurisdizionale possono essere sia di tipo inibitorio che di tipo risarcitorio .
E’ previsto infatti che in caso di accoglimento del ricorso il giudice pronunci condanna, se richiesto, al risarcimento del danno anche non patrimoniale; nonché disponga la cessazione del comportamento o dell’atto discriminatorio.
Inoltre il giudice può adottare ogni altro provvedimento che, secondo le circostanze, risulti idoneo a rimuovere gli effetti della discriminazione.
In quet’ultimo ambito la legge prevede che il giudice possa predisporre un vero e proprio piano di rimozione delle discriminazioni , come dire, un vero e proprio progetto di eliminazione delle condizioni discriminanti.
Sembra fuori discussione che l’espressa previsione da parte del legislatore del risarcimento del danno non patrimoniale sia sintomatica del riconoscimento del danno esistenziale, tipologia di lesione risarcibile particolarmente attinente alla discriminazione connessa alla disabilità.
Dr. Michele Costa
Informarecomunicando – Centro d’informazione per la disabilità.
UILDM Sez. Pisa